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LA NUOVA DOTTRINA DIFENSIVA CINESE: POCHE PAROLE MA CHIARE

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Con la solita puntualità cinese, lo scorso 15 aprile è stato pubblicato il nuovo Libro Bianco della Difesa. A distanza di due anni dalla presentazione del documento intitolato Difesa Nazionale della Cina nel 2010, lo Stato Maggiore della Repubblica Popolare Cinese presenta alla stampa e al mondo un testo senz’altro più snello e sintetico. In appena cinque capitoli, contro i dieci del precedente elaborato, il resoconto, dal significativo titolo L’impiego diversificato delle Forze Armate della Cina, va ad integrare – piuttosto che a modificare – tutti i principali motivi geostrategici stabiliti nel 2011. Stante la lettura del quadro politico mondiale sull’onda dell’idea-cardine in base alla quale l’accelerazione del processo di globalizzazione economica degli ultimi anni sta irreversibilmente ridefinendo gli assetti internazionali secondo nuovi criteri multipolari, lo Stato Maggiore cinese ribadisce l’incremento dei pericoli crescenti nel mondo, individuati in rinnovate forme di interventismo e di egemonismo. Rimarchevole importanza viene assegnata dunque alla regione Asia-Pacifico, definita come un’area fondamentale per lo sviluppo dell’economia mondiale e per l’interazione strategica tra le maggiori potenze. In generale, il processo storico delineato dall’apparato comunista cinese si muove secondo direttrici complesse, che da un lato incrementano le opportunità di crescita e pacificazione ma dall’altro presentano nuovi rischi connessi al percorso di ridefinizione della strategia statunitense nella regione e alla riemersione di vecchi rancori mai sopiti, come evidenziato dal crescendo di tensione con il Giappone per la disputa relativa alle Isole Diaoyu e dalla crisi a “corrente alternata” con l’illegittimo governo di Taiwan. Come previsto, dunque, la dottrina difensiva conferma una sostanziale continuità tra la visione strategica generale del Comitato Centrale precedente e quella del Comitato in carica anche per quanto riguarda l’approccio ai temi della difesa.

Nel corso degli ultimi “stati generali” del Partito Comunista Cinese nel marzo scorso, che hanno visto l’ufficializzazione del passaggio di consegne tra il presidente uscente Hu Jintao e il neoeletto Xi Jinping, la nomina di Chang Wuanquan alla direzione del Ministero della Difesa è apparsa forse imprevista. Durante il Congresso del novembre scorso, difatti, altri due alti gradi delle Forze Armate erano stati chiamati a comporre la vicepresidenza della Commissione Militare Centrale del Partito, su decisione del nuovo massimo responsabile dell’organismo difensivo, cioè lo stesso Xi Jinping. Si trattava di Xu Qiliang e di Fan Changlong. Il primo proveniva dall’Aviazione e si era messo in luce negli ultimi anni attraverso la proposta strategica dei “cieli armoniosi”, ovverosia un’applicazione dell’idea di “società armoniosa” (promossa durante il mandato di Hu Jintao) ai piani di sviluppo nel settore aerospaziale. Il secondo aveva appena lasciato il comando della Regione Militare di Jinan, la più piccola delle sette divisioni territoriali geostrategiche cinesi ma senz’altro una tra le più importanti, alla luce della sua posizione geografica (sul Mar Giallo proprio di fronte alla Penisola di Corea) e del rapido sviluppo di centri strategici come Qingdao, Weifang e Wendeng, che hanno incrementato le rispettive capacità aeronavali grazie all’ingresso in servizio di nuovi sottomarini a propulsione nucleare e nuovi cacciabombardieri JH-7A1, introdotti nel 2004 come sviluppo del vecchio modello JH-7 progettato alla fine degli anni Ottanta.

Invece, durante l’ultima Assemblea Nazionale del Popolo a marzo, è arrivata una inaspettata doppia promozione per il generale Chang Wuanquan, diventato in un solo colpo ministro della Difesa, in sostituzione del generale Liang Guanglie, e Consigliere Strategico di Stato al posto del diplomatico Dai Bingguo. Prima di entrare a far parte della Commissione Militare Centrale di Stato nel 2008, Chang Wuanquan è stato comandante della Regione Militare di Shenyang, composta dalle tre divisioni amministrative nordorientali di Heilongjiang, Jilin e Liaoning, e compresa tra il fiume Amur e le coste del Mar Giallo. Ancor prima aveva assunto per due anni il comando della complessa ed estesa Regione Militare di Lanzhou, che racchiude l’intera Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, le intere province di Qinghai, Gansu, Ninxia e Shaanxi, e parte del Tibet settentrionale. Sebbene questa regione militare sia completamente priva di sbocchi marittimi, il comando di Lanzhou è uno dei compiti più critici, poiché finalizzato ad affrontare e neutralizzare i pericolosissimi fenomeni terroristici e separatisti presenti nelle due regioni occidentali del Tibet e dello Xinjiang e a monitorare le delicatissime aree montuose di confine con il Pakistan (Karakorum), con l’Afghanistan (Wakhan), con il Tagikistan (Pamir), con il Kirghizistan (Tien Shan) e con il Kazakistan (Passo d’Alataw). È perciò indubbio che la preparazione sul campo del generale Chang Wuanquan sia chiaramente di altissimo profilo e sufficientemente completa di esperienze di comando sia in aree ad attività prevalentemente terrestre che in aree ad attività prevalentemente aeronavale.

Non è possibile quantificare con esattezza il preciso contributo fornito dal neoeletto ministro alla stesura del nuovo Libro Bianco della Difesa tuttavia, rispetto al documento pubblicato due anni fa, lo Stato Maggiore pone con più forza l’accento sulle cosiddette operazioni MOOTW (Military Operations Other Than War), evidenziando con dovizia di particolari l’impiego delle truppe nei più disparati teatri di intervento:

 

  1. L’antiterrorismo nelle regioni autonome occidentali, già da tempo integrato con le cosiddette “Peace Mission” condotte assieme a Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Tagikistan nel quadro dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai
  2. L’antipirateria lungo le principali direttrici navali della Linea Marittima di Comunicazione (SLOC) Aden-Malacca
  3. Il peacekeeping condotto in concerto con le Nazioni Unite, che sino al dicembre 2012 aveva coinvolto militari e/o civili cinesi in nove missioni internazionali, tra cui quelle in Congo (MONUSCO), in Liberia (UNMIL), in Libano (UNIFIL), nel Sud Sudan (UNMISS) e in Darfur (UNAMID)
  4. L’intervento di supporto e assistenza alle popolazioni cinesi colpite da calamità naturali.

 

All’approfondimento del processo di modernizzazione e informatizzazione (xinxihua), annunciato dall’ex presidente Jiang Zemin nel 2002 e maturato pienamente nel decennio di Hu Jintao, è invece dedicato un minor spazio, probabilmente per due principali motivi: uno è di carattere organizzativo, nella misura in cui lo Stato Maggiore potrebbe sentirsi adeguatamente soddisfatto dal livello di sviluppo raggiunto nel settore informatico militare (dai supercomputer ai sistemi d’arma integrati sino alle acquisizioni conoscitive nell’ambito del conflitto simultaneo2); l’altro è di carattere politico, dal momento che Pechino non ha ovviamente alcuna intenzione di avvantaggiare i suoi competitori, mettendoli al corrente delle proprie innovazioni militari più importanti.

Confermato il ruolo politico delle Forze Armate, sottoposte in modo assoluto alla volontà del Partito Comunista Cinese, in forza del loro impiego nella fase di sviluppo socio-economico del Paese, nel mantenimento dell’ordine sociale e nella promozione della costruzione della pace mondiale, obiettivo ritenuto inseparabile da quello – su scala nazionale – della crescita e dello sviluppo del socialismo con caratteristiche cinesi.

 

 

 

Note

  1. A. Chang, Analysis: Shandong buildup – Part 1, Space War, 24 giugno 2008.
  2. Cfr. C. Jean, Militaria. Tecnologie e strategie, CSGE, Franco Angeli, Milano, 2009.

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