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IL RAPPORTO PRIVILEGIATO TRA MONGOLIA E COREA POPOLARE

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Il prossimo 15 ottobre si festeggerà il sessantacinquesimo anniversario delle relazioni diplomatiche tra Corea Popolare e Mongolia. L’anniversario cade in un periodo in cui i rapporti tra i due paesi sono più che mai positivi. Nel 1948 il governo mongolo, guidato allora dal presidente del Presidium Gonchigiin Bumtsend e dal segretario del Partito Rivoluzionario Mongolo Yumjaagiin Tsedenbal, fu il secondo paese al mondo a riconoscere la Repubblica Popolare Democratica di Corea. I mongoli vennero anticipati solo dall’Unione Sovietica. Le rispettive ambasciate furono aperte nel 1951. Nel 1956, Kim Il-Sung, in un viaggio ad Ulaanbaatar riconobbe il ruolo mongolo nel supporto della sua causa nella Guerra di Corea (vennero forniti generi di prima necessità e oltre 200.000 capi di bestiame, oltre all’adozione di 200 orfani di guerra). L’ultima missione diplomatica coreana nella Repubblica Popolare Mongola fu guidata nuovamente da Kim Il-Sung nel 1988, quando incontrò Jambyn Batmönkh. Da lì a due anni le condizioni cambiarono decisamente.

Nel 1990, in seguito alla disgregazione del blocco sovietico, del passaggio alla democrazia multipartitica e dell’abbandono del socialismo in Mongolia, i rapporti tra i due paesi si raffreddarono notevolmente, anche a causa dell’apertura di rapporti diplomatici tra Ulaanbaatar e Seul. Nel 1999 la Corea Popolare chiuse la sua ambasciata, adducendo problemi economici, salvo poi ritornare sulle sue scelte nel 2002, con la visita ad Ulaanbaatar del ministro degli esteri Paek Nam-Su, e nel 2004, con la riapertura dell’Ambasciata, circostanze che anticiparono gli ottimi rapporti allacciati dal 2007 in poi.

Tra il 20 e il 23 luglio del 2007, infatti, il Presidente del Presidium dell’Assemblea Suprema del Popolo Kim Yong-Nam visitò ufficialmente Ulaanbaatar ed incontrò il presidente Nambaryn Ėnhbajar, esponente del Partito del Popolo (precedentemente Partito Rivoluzionario del Popolo, l’ex partito comunista al potere). La delegazione coreana e la controparte mongola siglarono un rapporto bilaterale che toccava i campi della salute, del commercio, del trasporto marino e dello scambio della forza lavoro.

La caduta in disgrazia del presidente Ėnhbajar e le elezioni che hanno portato al governo il Partito Democratico Cahiagijn Ėlbėgdorž sembravano la premessa per una collocazione delle Mongolia nel campo geopolitico atlantico. Il PD è di fatti considerato una forza politica liberale, anche se in realtà è un partito che ha molti richiami alla socialdemocrazia europea, e le proteste del luglio 2008 che lo portarono in piazza assieme alle ONG legate all’Open Society Institute di George Soros sembravano la conferma della radicale apertura dei mercati mongoli, in precedenza molto guardinghi, agli Stati Uniti e ai suoi alleati, in particolare Corea del Sud e Giappone e di una collocazione del paese nel quadrante strategico asiatico (offensivo/difensivo) di Washington (la Mongolia partecipò anche a missioni di pace con patrocinio NATO). In realtà il presidente Ėlbėgdorž non ha perso di vista le prospettive multivettoriali della geopolitica mongola e sta guidando il paese con una visione che potremmo definire di sviluppo pan-asiatico, anche se non sono mancate le pressioni da parte dell’esecutivo americano, come ad esempio durante la visita di Hilary Clinton del luglio 2012, quando la Mongolia (e indirettamente la Russia e la Cina) venne sollecitata ad una maggiore liberalizzazione politica ed economica.

Ad esempio, Ėlbėgdorž ha attivato un rapporto bilaterale con l’Iran ed è stato il primo presidente straniero a visitare un sito nucleare della Repubblica Islamica, l’impianto per l’arricchimento dell’uranio di Natanz, garantendo l’Occidente di uno sviluppo civile del nucleare iraniano. Sono stati rafforzati anche i rapporti tradizionali con l’area centroasiatica(Mongolia e Kazakistan distano circa 38 kilometri, anche se non confinano direttamente) anche grazie alla rinascita dell’interesse per la figura di Gengis Khan, e con Russia e Cina (dovendo anche affrontare la rinascita di movimenti nazionalisti anti-cinesi, come ad esempio la Coalizione per la giustizia, terza forza politica del paese guidata dall’ex premier Ėnhbajar), considerando anche che la Mongolia è paese osservatore dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (dal vertice di Taškent del 2004). Oppure il suo governo ha ritirato le licenze dell’americana Rio Tinto per lo sfruttamento della miniera Oyu Tolgoi, ricco giacimento di oro e rame. La razionalizzazione delle estrazioni minerarie ha permesso all’”oceano verde” una crescita del PIL da record (6,4% nel 2010, 17,3% nel 2011, 12% nel 2012 e prospettive di un 15,5% nel 2013) oltre a permettere al paese di raggiungere il primo posto al mondo per gli investimenti all’estero in proporzione al PIL (64% nel 2012). Gli analisti finanziari inoltre inseriscono il paese nel gruppo “M3”, sigla che identifica le tre economie in via di sviluppo con maggior margini di crescita nei prossimi decenni: Mongolia, Myanmar e Mozambico I tre paesi sono reduci da sistemi economici socialisti e si sono recentemente aperti al libero mercato, non abbandonando il ruolo determinante dello stato nel controllo dell’economia.

Nel novembre 2012 la Mongolia ha riunito delegazioni di altissimo livello di Corea (con Choe Tae-Bok, segretario del Partito del Lavoro) e Giappone, in due giorni di dialoghi bilaterali. Sul tavolo del negoziato i problemi della pace e della sicurezze nel nord-est asiatico.

Pochi giorni dopo, tra il 26 e il 29 novembre, Kim Yong-Nam è nuovamente ospite in Mongolia. L’argomento dei colloqui è la zona economica speciale di Rajin-Sonbong (Rason), istituita dal governo della RPDC nel 1990. L’obiettivo dei mongoli è trovare un accordo per l’attivazione di uno sbocco sul mare (il porto di Rajin-guyok è considerato economicamente vantaggioso rispetto alle linee ferroviarie cinesi e russe) per il carbone estratto a Tavan Tolgoi, seconda miniera al mondo per ampiezza, oltre che per oro, rame ed uranio. Per la Mongolia, più grande paese al mondo senza sbocco sul mare e con solo due paesi confinanti (Cina e Russia), questa possibilità potrebbe garantire uno sviluppo del commercio estero vitale. L’economia mongola è infatti ancora fortemente dipendente dai suoi vicini: il 90% delle esportazioni va alla Cina, mentre la Russia fornisce il 95% del petrolio. Motivo in più per impedire un innaturale posizionamento internazionale anti-russo o anti-cinese.

Inoltre furono stipulati accordi per la cooperazioni tra la Commissione della Difesa Nazionale coreana e il Ministro della Giustizia mongolo per lo scambio delle informazioni degli organi di sicurezza.

Il 16 aprile scorso, l’ambasciatore plenipotenziario della Repubblica Popolare Democratica di Corea, Hong Gyu ha presentato la lettera di credenziali al presidente della Repubblica Ėlbėgdorž.

Nella lettera  vengono stabilite le linee guida dei rapporti tra i due paesi:

  • rapporto diplomatico prioritario per la risoluzione delle controversie in modo pacifico con organizzazione da Ulaanbaatar di colloqui multilaterali, anche con intermediazone nei confronti degli Stati Uniti
  • condivisione delle esperienze economiche: l’ambasciatore coreano ha confermato che il suo paese, anche in seguito ai confortanti dati economici degli ultimi anni, è pronto ad accelerare sulla riforma economica e già da diversi anni numerosi analisti sottolineano come esperti coreani stiano studiando il modello mongolo, da prendere come esempio, vista la comune esperienza di paese socialista dell’Asia orientale. Sembra, ma qui il condizionale è d’obbligo, che a Pyongyang siano più interessati alle riforme di Ulaanbaatar piuttosto che a quelle di Pechino.
  • rafforzare la collaborazione nel campo sportivo (pallacanestro, calcio, pallavolo, judo): a marzo, per la prima volta dopo 33 anni, una formazione sportiva di Pyongyang ha visitato la Mongolia. Al torneo “Best Spring” di pallavolo sono state infatti invitate le formazioni maschili e femminili del 25 Aprile, il gruppo sportivo dell’Armata Popolare Coreana, che hanno destato ottime impressioni, pur partecipando fuori concorso al torneo. I maschi hanno centrato 5 vittorie su 5 partite, le femmine 4 vittorie su 6 partite. Inoltre in Mongolia hanno già militato due calciatori coreani.
  • rafforzare la collaborazione nell’ambito culturale: sono già numerosi gli scambi di studenti e di conoscenza scientifica. La Mongolia, con Cina e Russia, è una delle mete preferite per la formazione estera dei studenti coreani.
  • supporto in caso di carenza di cibo: attualmente la Corea Popolare garantisce l’autosufficienza alimentare (secondo i dati raccolti dalla FAO, la raccolta del grano è aumentata del 10% e attualmente ne esistono riserve per 4,9 milioni di tonnellate, oltre a riserve monetarie per acquistarne dalla Cina circa 200 mila tonnellate), ma i problemi causati da catastrofi naturali o da carestie sono sempre da tenere in considerazione, visto la particolarità del territorio nordcoreano.

 

Un rapporto privilegiato di primo piano, quindi, che può garantire ad entrambi i paesi dei vantaggi evidenti: Pyongyang può contare su una sponda diplomatica per garantire colloqui multilaterali per la risoluzione dei problemi della penisola e può legarsi economicamente con un paese in esponenziale crescita; Ulaanbaatar trova invece uno sbocco per le sue estrazioni, che garantisce la diversificazione dei partner commerciali, e assurge al ruolo di mediatore diplomatico di primo livello nelle risoluzioni delle controversie inter-asiatiche e mondiali, contribuendo in questo modo alla pacificazione del continente eurasiatico.

 

 

 

Fonti:

www.infomongolia.com/

www.kcna.kp/

www.mongolia.it

nkleadershipwatch.wordpress.com

www.lettera43.it/politica/corea-del-nord-la-mongolia-fa-da-mediatrice_4367590904.htm

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